I due atti di una partita infinita

Era l’epoca di Sarri, del 4-3-3 e di come il Napoli diventava pian piano una macchina dai meccanismi che rasentavano la perfezione. Ma Empoli è una trasferta ostica con il Castellani che, a seconda di come girava il vento (o la pioggia), era un fortino quasi espugnabile.

E in quel pazzo marzo del 2017, nel capoluogo toscano andarono in scena i due atti di quella partita infinita. 

Atto I

Cominciano meglio i padroni di casa che chiudono il Napoli nella propria metà campo e i partenopei hanno difficoltà in costruzione e nell’uscita in possesso. La squadra di Sarri, però, fa sempre male quando supera la linea di pressione e alla prima occasione utile, rischia di andare in vantaggio ma Mertens, dal dischetto, si fa ipnotizzare da Skorupski. Il penalty però è il punto di partenza e i ragazzi del tecnico di Figline iniziano giocare a viso aperto e nel giro di pochi minuti, vanno avanti di due: Insigne e poi il belga numero 14 battono l’estremo difensore dell’Empoli.

Lo 0-2 addormenta la partita tuttavia da un’invenzione di Callejon nasce il secondo rigore di giornata: cross lungo, stop con controllo orientato e fallo di Pasqual. Dagli undici metri, il 24 fa doppietta

Atto II

Il Napoli non rientra in campo e non riesce a trovare il gioco fatto vedere nella prima frazione. Martusciello alza il baricentro e al 70esimo, i padroni di casa accorciano le distanze: Diawara sbaglia l’intervento, Reina gestisce male la barriera e El Kaddouri (tra l’altro ex della partita) trafigge l’estremo difensore azzurro.

I toscani continuano ad attaccare, il Napoli perde la bussola e concede un calcio di rigore da squadra ingenua: Ghoulam aggancia l’avversario e Chiriches fa il resto. E dagli 11 metri, Maccarone non sbaglia. Il Napoli trema e sbanda ma le urla di Sarri risvegliano almeno la difesa e dopo un recupero infinito, il Napoli porta a casa i tre punti.

Il crocevia di Empoli, il Castellani e il Napoli a correnti alterne. La trasferta toscana insegna che il fattore ambientale è importante e che a volte è opportuno giocare di squadra anziché puntare sulle individualità

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